Bonjour!
Stamattina intorno alle undici
(ero sveglia da poco. Mi ero svegliata una prima volta alle sette, sono stata sveglia nel letto un'oretta e mi sono riaddormentata fino a un orario consono, a una giornata di festa, in cui non ho nulla in programma per la mattinata)
mentre facevo colazione con un sanissimo yo yo e un the verde allo zenzero, ho letto su una pagina fb che seguo, la bella storia di un ragazzino dodicenne, affetto da distrofia muscolare, che è riuscito, non senza tante peripezie, ad andare in Olanda, per fare uno scambio culturale alla pari. Ho pensato che fosse una cosa meravigliosa! Che una persona che necessita di "assistenza continua" abbia potuto partecipare a un'esperienza straordinaria alla pari dei suoi amici.
E subito il mio pensiero è andato (come per la maggior parte della gente che ha commentato) a quanto in Italia, per le persone con disabilità, siano ancora presenti tante/ troppe "barriere" che ostacolano la nostra buona voglia di fare.
Ma poi ho pensato che, altre volte, se sei disposto a farti dare una mano e trovi persone disposte - lo so, ho usato due volte lo stesso termine in una frase, ma l'ho fatto volutamente - ad aiutarti, anche cose che penseresti infattibili, si possono realizzare.
Io non ho dodici anni, ne ho (quasi) trentasei. Eppure, oggi, che in tante occasioni sono costretta a utilizzare la sedia a rotelle e, per molte "faccende" non sono completamente autonoma, quando vedo che le cose per le quali devo chiedere "una mano" sono più di quelle che "riesco a far da sola", spesso... mollo l'obiettivo. Dico: non ce la faccio. E già il dire NON CE LA FACCIO, mi farà sembrare molto più difficile affrontare una situazione.
A Dicembre c'era la cena aziendale: a volte si fa a Roma, a volte a Milano, quest'anno era a Bologna. Avremmo dovuto prendere un treno, dopo l'orario di lavoro, arrivare a Bologna, cenare, festeggiare, prendere un treno per tornare. Oppure dormire nella struttura in cui si cenava e poi tornare la mattina e presentarci al lavoro.
Per me era una cosa infattibile: ho una "resistenza alla fatica" molto più bassa del normale. Mi stanco facilmente. E poi il treno non lo prendo in autonomia dai primi anni del 2000. Avrei dovuto chiedere l'assistenza alla sala blu e chiedere poi a un taxi per fare il tragitto stazione - hotel. O qualcosa del genere.
Quando ho detto ai miei colleghi che sarei voluta andare anche io, abbiamo valutato l'idea di noleggiare un "pulmino". Perchè il problema, mio, non è solo salire. Il problema è anche che, restando più di un tot di ore con le gambe "piegate", poi non cammino più, del tutto. Non sono una "molto facile" da gestire.
Purtroppo, sfiga vuole, erano tre giorni che mi imbottivo di antidolorifici e, quel giorno, sono rientrata al lavoro. Mi è stata data una mano a tirar giù la carrozzina dall'auto, sono stata accompagnata in ufficio e poi, verso le 16:30, sono stata presa in braccio a mò di "principessa" dal Teo che, dopo avermi chiesto "ti fidi di me?" con delicatezza, mi ha sistemata bellamente sul sedile.
E' stato lui a offrirsi per guidare "il mezzo" (è il più giovane all'anagrafe, ma anche il più responsabile. Se trova qualcuno per strada che ha bisogno di una mano, si ferma e chiede se può essere d'aiuto). Desy e Consu gli sarebbero state accanto sul sedile davanti, per tenerlo sveglio durante il tragitto.
Eli, Claudia e io eravamo nel sedile comodo di mezzo, quello in cui potevi stendere le gambe.
Mauri, Gianpy e Barbara erano sul sedile posteriore.
Ormai sono trascorsi quattro mesi da quel viaggio, non ricordo esattamente cosa sia accaduto nel viaggio d'andata. Ricordo però l'arrivo a Bologna: città bellissima, che mai avevo visitato.
Grazie ad alcuni colleghi che mi hanno spinta sulla carrozzina, abbiamo fatto un giretto nella piazza. Era Dicembre e faceva piuttosto freddo, ma non un freddo esagerato.
e, in quella piazza, abbiamo trovato dei nostri colleghi (di cui non ho memorizzato il nome) con i quali abbiamo raggiunto altri colleghi che stavano facendo un aperitivo "in strada". Ci sono queste viettine a Bologna, con i locali, in cui la gente resta in piedi, oppure prende un bicchiere e resta a chiacchierare in strada.
Fosse stata un'altra occasione, avrei temuto per le mie ginocchia. Però, non lo so, ero talmente contenta di esserci, che non ho fatto caso al freddo.
Il palazzo in cui avremmo poi cenato era piuttosto vecchio. La persona che era di guardia all'ingresso non ci ha lasciati entrare fino alle otto e , vedendomi "in crisi" per l'accesso alla sala superiore (ha sentito che con due colleghi parlavamo dell'eventuale mio trasporto in carrozzina), mi ha rasserenata dicendo che c'era un altro ingresso con ascensore. C'era anche il bagno per disabili e una piattaforma per raggiungere la sala chic della cena.
Non ricordo di essere mai stata in un ristorante così bello! Se, anche questa volta, avessi ascoltato "il mio fisico, le mie paure" mi sarei preclusa quest'ennesima serata.
So che non ero al massimo della forma e, essendomi trattenuta col bere, non ero nemmeno al massimo della simpatia :)))). Dopo l'aperitivo in piedi (che è stato il mio primo aperitivo da "seduta sulla carrozzina") ci siamo divisi in tre tavoli e mescolati a colleghi di altre stazioni. Tra i piatti di portata c'erano i garganelli (di cui lessi anni fa in un racconto di Lucarelli "I garganelli al ragù della Lilina") e, al termine, una tombolata in cui ho vinto un cappellino.
Intorno a mezzanotte/ l'una siamo andati a recuperare il nostro mezzo. Mauri, che durante la sera (con mia somma invidia) aveva trascorso gran parte del tempo al bancone dei free drink cercando di conquistare una collega facendo leva sul suo amore per i cani, al quinto o sesto incitamento da parte di mamma Barbara (coetanea) si è deciso ad abbandonare la festa. Si è incamminato sottobraccio alla Eli, che camminava su tacchi vertiginosi, cercando di mantenere l'equilibrio sui sanpietrini.
Credo di essere riuscita a dormire mezz'ora in auto. Qualcuno, non riuscendo a dormire, (a differenza di Consu e Desy che avevano abbandonato Teo alla guida da un pezzo...) ciclicamente lasciava scivolare una mano sulla mia testa, svegliandomi e chiedendo "Ila perchè hai bevuto così poco? Mi hai deluso". E' che... quella sera non era proprio serata.
Siamo tornati a Gallarate intorno alle tre e mezza, eravamo a letto verso le quattro. Eli mi ha fatto la gentilezza di riaccompagnarmi a casa (per la gioia di mia madre! Che, a trentacinque anni suonati, ancora si preoccupa delle mie condizioni di salute) ed è rimasta a dormire da me. Si è addormentata immediatamente! Mentre io, emozionata, frastornata per la serata, ho impiegato più di mezz'ora ad addormentarmi.
Il giorno dopo, al lavoro, la stanchezza era visibile sul mio volto. Mi sono spinta "oltre" le mie possibilità. Ci tenevo a questa cena e ho trovato chi mi ha dato una mano a realizzare questa (per me) grande conquista.
Una mia amica che, da qualche anno, studia a Bologna, vedendo alcune foto su fb mi ha chiesto "Ila! ma eri a Bologna! Potevi dirmelo, ci vedevamo"
"Sono stata lì solo una sera..."
Altri miei amici, quelli che frequento da oltre dieci anni, mi hanno fatto i complimenti "grande Ila! Sei andata a Bologna? Che sbatta..."
Altri mi hanno detto che sono pazza. Ma quello... un pochino, già si sa.
E comunque... da soli, non tutti possono fare tutto. Io, grazie a Teo, Desy, Consu, Mauri, Gianpy, Eli, Barbara e Clà... ci sono riuscita!
Au revoir